12 dicembre 2020
La storia. Mamma Veronica e la piccola Andreea in attesa da due anni a Bergamo, separate dalla famiglia che sta in Moldavia: «da sole è dura»
di SABRINA PENTERIAI
«Abbiamo due sogni nel cuore, l’amore e la salute: che vada a buon fine il trapianto di fegato per la mia bimba e poter finalmente riunire la nostra famiglia». La letterina per Santa Lucia di Veronica, 23 anni, e di sua figlia Andrea, 4, una bimba dai riccioli dorati e il sorriso birichino, è intessuta di speranza.
Il papà Andrej e il fratellino Vlad, 6 anni, vivono lontano, in Moldavia: «Non li vediamo da un anno, sono venuti a trovarci per l’ultima volta a gennaio, poco prima che scoppiasse la prima ondata della pandemia».
Andreea è affetta da atresia biliare, una patologia che colpisce un neonato ogni ventimila e che causa infiammazione e ostruzione dei dotti biliari (i canali deputati al trasporto della bile dal fegato all’intestino). È in cura all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo da quando aveva due mesi e mezzo. «Nei primi due anni spiega Veronica ci spostavamo avanti e indietro, tornando a casa tra un ricovero e l’altro. Poi però abbiamo dovuto trasferirci qui in modo stabile in attesa del trapianto». Grazie al sostegno degli Amici della pediatria, sono ospitate alla Casa di Leo di Treviolo, una comunità d’accoglienza nata per rispondere alle necessità di famiglie con bambini che arrivano da lontano per curarsi all’ospedale cittadino, centro d’eccellenza per i trapianti.
Andrej lavora come tassista, Vlad ha appena iniziato la scuola e gli occhi di Veronica quando pensa a loro si velano di lacrime: «Ci mancano moltissimo, ogni giorno sogno di poter tornare alla nostra casa e alla vita di sempre. È molto difficile vivere separati per così tanto tempo. Cerchiamo di farci coraggio pensando che questa lontananza non durerà per sempre».
Veronica e Andreea sono già state chiamate cinque volte per il trapianto, purtroppo però c’è sempre stato qualche inconveniente: «Non è facile trovare un organo adatto e compatibile, perciò sappiamo che prima di avere la certezza dell’intervento bisogna aspettare l’esito di tutte le analisi. Ogni volta siamo entrate nel reparto piene di speranza, con il sogno di poter poi tornare in Moldavia, e ogni volta purtroppo siamo tornate a casa con un po’ di delusione. Ormai abbiamo dovuto abituarci a questa situazione di attesa. Ma spero sempre che la prossima chiamata sarà quella giusta, non possiamo certo arrenderci».
La Casa di Leo ormai è diventata il loro rifugio: «Qui possiamo condurre la vita di ogni famiglia: ogni giorno ci alziamo, ci prepariamo, cuciniamo i pasti, ci dedichiamo ai giochi e alle pulizie, come faremmo in Moldavia. Ci sono le volontarie presenti ogni giorno dalle 9 del mattino fino alle 20, non ci lasciano mai da sole e ci aiutano a risolvere problemi e a soddisfare le necessità quotidiane». Mentre parliamo Andreea saltella impaziente perché vorrebbe giocare: «Le piace colorare, leggere favole, comporre puzzle». Possono contare anche sul sostegno prezioso delle volontarie dell’associazione Amici della Pediatria: «Ogni venerdì arriva una borsa che contiene un kit con gli elementi necessari per giocare, leggere e colorare, poi ci sentiamo via whatsapp, chiacchieriamo e svolgiamo piccole attività. Con il tempo abbiamo trovato nuovi amici. Sono molte le famiglie che sono passate di qui, le abbiamo incontrate in ospedale oppure alla Casa di Leo e continuiamo a tenerci in contatto con loro».
Veronica si trova bene a Bergamo, si sente accolta e circondata da legami d’affetto e d’amicizia: «Nonostante questo dico spesso che mi sento sola. Lo so che non mi manca nulla, e ne sono molto grata, ma sento davvero una grande nostalgia per mio marito e mio figlio. Sono le persone che più di tutte vorremmo avere vicine. Quando ci penso cado nella malinconia. La Moldavia è diventata zona rossa con la pandemia ed è impossibile spostarsi. Fortunatamente ci sentiamo sempre e so che stanno tutti bene, e questa rimane la cosa più importante».
Le tradizioni natalizie di Veronica sono un po’ diverse dalle nostre: «Siamo cristiani ortodossi e perciò normalmente non festeggiamo il 25 dicembre ma il 6 gennaio. Per il resto festeggiamo allo stesso modo: le famiglie si riuniscono, cucinano piatti tradizionali e mangiano molto. Di solito nel menu ci sono sempre involtini di carne avvolti nelle foglie di vite e carne in gelatina fatta in casa, perché teniamo anche alcuni animali da cortile. Da quando siamo qui, però, abbiamo adottato le tradizioni italiane, compresa Santa Lucia». Le feste natalizie coinvolgono ospiti e volontari: «Di solito condividiamo con gioia le nostre ricette e cibo preparato da noi. Quest’anno con la pandemia probabilmente sarà più complicato, ma ci hanno promesso che non saremo sole».
Da sempre uno dei più grandi sogni di Veronica è una famiglia unita: «Da piccola sono stata in affido in diverse famiglie, perciò posso immaginare come si senta mio figlio ora, con la mamma così lontana, anche se c’è il papà ad occuparsi di lui. Ho sempre paura che si senta abbandonato, e questo mi fa soffrire molto. Per questo ho iniziato a scrivere un libro che sarà il mio dono quando tornerò: è una specie di diario in cui racconto la nostra storia e i motivi per cui devo restare a Bergamo. Spero che quando lo leggerà potrà capire e perdonare».
Andreea quest’anno ha decorato l’albero di Natale con la mamma e gli altri bambini ospitati nella Casa di Leo: «Fortunatamente crescendo le sue difese immunitarie sono migliorate e i ricoveri ospedalieri sono diventati più rari -conclude Veronica-. Ogni mattina mi sveglio con una nuova speranza, cerco di non perdere mai la fiducia, prima o poi arriverà un buon momento anche per noi».