Ciao Domenico, sono mamma, oggi voglio raccontare la tua storia, la nostra storia. Di te, di me e del tuo papà, di un amore grande quindici mesi che però per noi sono quindici secoli.
Stamane hai aperto i tuoi occhi belli e io ho pensato che sei un capolavoro, il bambino più bello mai visto, il più perfetto. E che nonostante tutto io sono una mamma fortunata, perché ora, proprio ora mentre racconto di noi ad Ale, ti ho qui fra le mie braccia. Perché la nostra vita è adesso, me lo ripeto sempre, amore mio, e io la vivo col cuore che mi esplode ogni volta che tu ridi. Quando sei nato tu, il 23 novembre 2018, uno sagittario doc, io e il tuo papà eravamo così felici da essere anestetizzati a ciò che accadeva intorno, ti avevamo aspettato tanto!
Ma questa felicità, per quanto potente, è stata messa a dura prova, hai cominciato a non stare bene, ti prudeva tanto il viso e la sclera dei tuoi occhi stupendi non era bianca come la nostra… cercando di capire come guarirti la nostra vita è irrimediabilmente cambiata.
È cominciato un vero e proprio tour fra pediatri ospedalieri e privati, la situazione non era chiara a nessuno. Chi ipotizzava fosse un effetto dell’allattamento materno (Oddio, il mio latte ti irritava così?) e chi invece, e per fortuna, ci suggerì di approfondire facendo esami specifici, e infatti transaminasi e bilirubina erano completamente sballati. Eh, mica facile, restare tranquilli. Io, te e papà, armati di coraggio e fiducia a febbraio 2019 abbiamo lasciato la nostra casa e abbiamo praticamente cominciato a vivere in ospedale, al Bambino Gesù di Roma, e a pochi mesi di vita ti è stata diagnosticata una malattia rara chiamata “atresia delle vie biliari”, un nome sofisticato per una malattia così cattiva.
È stato faticoso capire… perché la diagnosi si ha per esclusione di altre malattie o infezioni e tu purtroppo avevi tutto. Piccolo piccolo come eri, ti hanno sottoposto ad un primo intervento chirurgico chiamato “Kasai”, un intervento esplorativo per capire se fossero solo le vie biliari interne compromesse oppure no.
Purtroppo fin da subito ci è stato chiaro che la situazione fosse più, anzi troppo, complessa. Ci spiegarono che l’unica possibilità di salvezza per te era il trapianto di fegato. Intanto tu crescevi e con te la nostra paura. Perché dietro ogni bimbo malato ci sono due genitori terrorizzati, molti non ci pensano. Ma forza e coraggio, valigie alla mano, abbiamo cambiato città, siamo andati a Palermo e ci siamo ricoverati in un ospedale convenzionato con il SSN, specializzato in trapianti, l’Ismett, per sottoporti ad un trapianto rivoluzionario!
Si, amore mio, perché il fegato non ti verrà donato secondo le normali procedure legate alla donazione d’organi (parliamo di un trapianto pediatrico di fegato prelevato da donatore vivente, ndr.) ma sarò io stessa a farlo affidandoci a un luminare, il Prof. Jean de Ville, e ad una brillante équipe.
Ti racconto nel dettaglio. Gli inizi non sono stati semplici, amore mio, controlli, terapie, un bel po’ di difficoltà che a tratti ci hanno preoccupato, e anche tanto.
E oltre ai medici bravissimi che abbiamo incontrato, abbiamo deciso di affidarti anche a Dio, chiedendo all’ospedale di poterti battezzare nella loro cappella. Siamo stati la prima famiglia a farlo, era presente tutto l’ospedale, è stata un’emozione indescrivibile e tu così bello e luminoso! Il tuo nome, amore di mamma: Domenico, come quello del nonno che è il nostro angelo custode, lo conoscevano tutti.
E tu con questi occhioni azzurri che hai e il sorriso buono, un angelo sei.
Chissà forse la risposta è giunta anche per questo, dopo 40 giorni circa e tutto lo screening dettagliatissimo effettuato, sono risultata io stessa idonea per poterti donare parte del mio fegato. Ti avrei donato anche il cuore se avessi potuto e ripartorito altre cento volte per quanto ti amo. A quasi 7 mesi di bimbo bello, il 19 giugno 2019 eravamo pronti io, tu e papà… 10 ore di maratona e abbiamo fatto il trapianto! Una doppia operazione, tu in una stanza, io in un’altra e il tuo papà con il tuo pupazzetto preferito ad attenderci. Nonostante le complicazioni, ce l’abbiamo fatta e siamo usciti in tre dall’ospedale, mani nelle mani.
Ora di mesi ne hai 15 e sei un piccolo guerriero che lotta ogni giorno fra momenti buoni e meno buoni, e noi a vegliare sul tuo cammino, passo passo.
Sono stata tanto arrabbiata, sai? Eh si! Perché ho pensato che la vita con noi non fosse stata generosa, e che tu, cuore del mio cuore, non meritassi di vivere il tuo primo anno di vita in ospedale ma a casa, al nido, al parco o alle giostre. Ma anche questo lo devo a te, ho fatto un percorso dentro di me, ho sfrondato il mio dolore, ho lasciato che mi attraversasse… e poi ne uscisse e mi permettesse di vedere. E ho visto!
Ad ora sono una madre che ha il privilegio di tenere suo figlio fra le braccia, poterlo baciare e coccolare, giocarci insieme e farci pasticci. Quante mamme ho incontrato in questa nostra lotta, quante famiglie fatte di coraggio, paura, dignità e speranza… e quante hanno perso i loro bimbi, quanto le tengo strette nel mio cuore!!
Da qualche mese siamo tornati nella nostra casa, quella che io e tuo papà abbiamo costruito per te e viviamo la vita un giorno alla volta. Abbiamo imparato a farlo. Anche questo mi hai insegnato: non rimando più nulla.
Vieni qui, baciami ancora, baciami adesso.
Con tutto l’amore che ho.
La tua mamma
Alessia Adorno
Redazione RCS Salute