Ornella Mincione 26 maggio 2020
LA STORIA
Poteva accadere a una persona su 200mila eppure i genitori del piccolo Loris non si sono persi d’animo e gli hanno salvato la vita scegliendo di sottoporlo a un trapianto di fegato a soli 10 mesi. Il donatore è il padre, Vincenzo Dragone di 43 anni, che per poter subire l’espianto di quella parte di fegato che avrebbe salvato la vita al suo piccolo ha dovuto perdere 12 chili in un mese.
A raccontare la storia di Loris, invece, è la madre, Monica Criscione, anche lei di 43 anni. Sono partiti da Curti per andare prima a Brescia e poi a Palermo per poter affrontare e risolvere la terribile malattia epatica che ha colpito il figlio dalla nascita.
LA SCOPERTA
«Loris è nato l’8 luglio del 2019 – spiega Monica -. Era itterico, cioè con alti valori della bilirubina, come tutti gli altri neonati. Aveva il pancino gonfio, ma si pensava fosse soltanto aria nella pancia. Invece era il fegato che si stava ingrossando. Il problema è stato che la malattia di Loris è rara e pochi conoscono effettivamente in cosa consista». Atresia delle vie biliari, questo è il nome della patologia: è un’ostruzione dell’albero biliare determinata da una progressiva sclerosi del dotto biliare comune. In pratica, i tessuti delle vie biliari, che connettono il fegato all’intestino, si deteriorano, portando a un malfunzionamento del processo digestivo. È l’AMEI, l’Associazione delle malattie epatiche infantili, che ha aiutato la famiglia Dragone a capire le strade possibili da intraprendere. «Molti medici – racconta ancora la madre – hanno visitato Loris, a partire dalla pediatra di libera scelta Giuliana Rossi, che aveva capito che mio figlio aveva qualcosa che non andava. Poi è stato il professor Iorio del Policlinico di Napoli a dirci dell’atresia e a spiegarci che in questi casi è previsto un intervento chirurgico particolare, con il metodo Kasai, grazie al quale si asportano le vie biliari e il fegato si connette direttamente all’intestino».
Purtroppo l’intervento, svolto all’Ospedale dei Bambini di Brescia, è andato bene, «ma non ha avuto l’esito positivo sperato – continua Monica -. Quindi, siamo passati allo step successivo, ovvero quello di considerare la possibilità del trapianto. In realtà l’intervento con metodo Kasai ha portato Loris a crescere e ad avere un organismo più pronto al trapianto».
LA SCELTA
A questo punto si sono profilate due possibilità: trapiantare in Loris un fegato da organismo vivente o non vivente. «Ci siamo informati a abbiamo visto che l’Ismett di Palermo procedeva a trapianti pediatrici da organismi viventi», aggiunge Monica. L’Ismett di Palermo è attualmente il centro principale per trapianti di fegato pediatrici.
Grazie a Jean de Ville de Goyet è stato potenziato il programma di trapianti da viventi e attualmente è diventato quello più attivo in Italia. La curva di sopravvivenza del professor de Ville nel caso del vivente è del 100%.
I CONTATTI
«Il professore ci ha risposto subito alla mail e ha voluto incontrarci per visitare Loris – continua la madre del piccolo -. E stato molto lucido nello spiegarci tutti i rischi e tutto ciò che poteva capitare con l’intervento, anche in senso negativo». Poi, a complicare il tutto, lo scoppio dell’emergenza Covid. «Per fortuna eravamo già a Palermo
quando è scattata la quarantena – dice Monica -. C’è stato qualche dubbio perché avevano fermato l’attività chirurgica. Ma Loris non stava bene e io e mio marito abbiamo sollecitato perché l’intervento si facesse ugualmente. Intanto, Vincenzo perdeva peso: un fattore importante per la buona riuscita dell’operazione». A questo punto, mercoledì scorso, 20 maggio, la splendida notizia dell’ok da parte dell’equipe di procedere per il trapianto.
L’ATTESA
«Mio marito, il donatore, è entrato in sala operatoria prima di Loris, alle 7.30. Loris – continua Monica – è entrato alle 11. Sono usciti la sera, dopo diverse ore.Il padre alle 21 e mio figlio alle 22. È stato brutto il distacco, quando li ho salutati. Loris mi guardava con uno sguardo pieno di fiducia. Ho trascorso quelle ore sperando. Ero tranquilla. Poi, sono stati 24 ore in Terapia intensiva. Sono usciti sani: stavano bene entrambi». Ora sono ricoverati in due reparti diversi: Loris in Pediatria e Vincenzo in Degenza addominale. Monica corre su e giù per l’ospedale per accudire e far sentire la sua felicità a entrambi. Dorme con Loris, nella sua stanza.