21 GENNAIO 2020 | ELISABETTA INTINI
Una macchina per la perfusione può ossigenare un fegato per 7 giorni fuori dal corpo, e ripararlo dai danni. Una rivoluzione nel campo dei trapianti.
Un complesso sistema di perfusione per organi da trapianto è riuscito a mantenere fuori dal corpo alcuni fegati di donatori per un’intera settimana, e a rigenerare quelli danneggiati fino a renderli di nuovo utilizzabili. È la conquista, frutto di quattro anni di lavoro, di un gruppo di Università e ospedali universitari svizzeri: lo studio che potrebbe accorciare le liste d’attesa per il trapianto di fegato e ampliare l’offerta di organi disponibili è descritto su Nature Biotechnology.
NUTRITI E IDRATATI. La perfusione è una tecnica utilizzata dagli anni Settanta per ridurre i danni riportati dagli organi espiantati a scopo di trapianto. Consiste nell’ossigenare gli organi e nutrirli con apposite soluzioni, mentre la loro temperatura è portata a pochi gradi sopra lo zero – un modo per ridurre la richiesta di ossigeno dei tessuti. I progressi in questo procedimento permettono di guadagnare ore preziose per abbinare l’organo al paziente e praticare l’intervento; ma anche di migliorarne la funzionalità limitando la necessità di terapie dopo l’operazione.
Finora, un fegato poteva essere mantenuto fuori dal corpo in queste macchine per 12 ore al massimo, prima di riportare danni irreparabili. Una recente sperimentazione dell’Università di Harvard, basata su una tecnica di super raffreddamento, aveva prolungato questa finestra a 27 ore, ma la nuova ricerca dell’Ospedale Universitario e del Politecnico Federale di Zurigo, del loro centro di ricerca congiunto Wyss Zurich e dell’Università di Zurigo ha portato la sopravvivenza del fegato a un livello superiore.
COME FUNZIONA. Il team ha sviluppato un complesso sistema di perfusione che imita la maggior parte delle funzioni corporee necessarie al benessere del fegato, con una precisione quasi fisiologica. Oltre a provvedere nutrienti e ossigeno, la macchina monitora la crescita del fegato e ne misura costantemente la funzionalità, riuscendo non solo a preservare gli organi sani, ma anche a rimettere in sesto quelli danneggiati prelevati da cadaveri, che solitamente non sono considerati idonei.
La macchina è stata sviluppata nell’ambito del progetto Liver4Life. I miglioramenti apportati hanno permesso ora di arrivare a sette giorni, un tempo utile a riparare lesioni pre-esistenti (per via delle capacità autorigeneratrici del fegato), a ripulire i depositi di grasso accumulati nel fegato o a rigenerarne una parte. Quest’ultima possibilità permetterà di far crescere più rapidamente una sezione sana del fegato di un paziente da utilizzare per un auto-trapianto, o di impiegare il fegato di un singolo donatore per più di un ricevente.
DI NUOVO IDONEI. Nella prima fase dello studio appena descritta, i medici hanno effettuato la perfusione su 10 fegati umani in cattive condizioni, considerati non idonei da diversi centri per i trapianti in Europa. Sono riusciti a “salvarne” 6, riportandoli alla completa funzionalità in una settimana di cure nella macchina. Il prossimo passo sarà utilizzare questi organi per i trapianti. In Italia ci sono attualmente 1.047 pazienti in attesa di un trapianto di fegato. Il tempo medio di attesa è di 1,5 anni (dati Sistema Informativo Trapianti/Ministero della Salute).